Il Touring Club Italiano La vacanza costituisce uno dei fenomeni di costume più singolari dell’Italia del Novecento. All’origine strumento di affermazione delle classi più abbienti, nel corso del Ventesimo secolo si popolarizza fino a divenire, negli anni Sessanta, uno dei più significativi simboli del consumismo del boom economico. L’italiano inizia a scoprire il suo paese, all’inizio del Novecento, percorrendolo con un mezzo che alla fine dell’Ottocento è ritenuto lo strumento di modernità e progresso per eccellenza: la bicicletta. E il velocipede diviene un mezzo che si sostituisce alle carrozze e ai cavalli con i quali i rampolli della aristocrazia europea avevano percorso le strade dell’Italia compiendo quel rito che per oltre due secoli avrebbe visto attraversare la nostra penisola da una serie incredibile di viaggiatori stranieri: il Grand Tour. Motociclette, automobili, autostrade avrebbero, nella seconda metà del Novecento, completato il processo di appropriazione della vacanza da parte degli italiani. Protagonista non secondario di queste profonde metamorfosi è il Touring Club Italiano (all’origine Touring Club Ciclistico Italiano) che a partire dalla fine dell’Ottocento asseconda il processo di appropriazione della vacanza da parte degli italiani. Si sbaglierebbe però a considerare il Touring alla stregua di una «agenzia viaggi» che offre nuove opportunità all’italiano medio. Fin dalla sua fondazione il sodalizio rivela quelle finalità pedagogiche che fanno parte di quel vasto progetto di «educazione dell’italiano» che la classe dirigente liberale esperisce nel tentativo di trasmettere e consolidare la fisionomia del nuovo stato unitario. Monumenti celebrativi, intitolazione di strade e piazze agli eroi risorgimentali, feste civili e patriottiche svelano un progetto teso a familiarizzare gli italiani all’idea di patria. In questa cornice la «scoperta» dell’Italia che il Touring avvia a partire dagli anni di fine Ottocento, si rivela come una finalità primaria.
Il touring club italiano / Pivato, Stefano. - (2006).
Il touring club italiano
PIVATO, STEFANO
2006-01-01
Abstract
Il Touring Club Italiano La vacanza costituisce uno dei fenomeni di costume più singolari dell’Italia del Novecento. All’origine strumento di affermazione delle classi più abbienti, nel corso del Ventesimo secolo si popolarizza fino a divenire, negli anni Sessanta, uno dei più significativi simboli del consumismo del boom economico. L’italiano inizia a scoprire il suo paese, all’inizio del Novecento, percorrendolo con un mezzo che alla fine dell’Ottocento è ritenuto lo strumento di modernità e progresso per eccellenza: la bicicletta. E il velocipede diviene un mezzo che si sostituisce alle carrozze e ai cavalli con i quali i rampolli della aristocrazia europea avevano percorso le strade dell’Italia compiendo quel rito che per oltre due secoli avrebbe visto attraversare la nostra penisola da una serie incredibile di viaggiatori stranieri: il Grand Tour. Motociclette, automobili, autostrade avrebbero, nella seconda metà del Novecento, completato il processo di appropriazione della vacanza da parte degli italiani. Protagonista non secondario di queste profonde metamorfosi è il Touring Club Italiano (all’origine Touring Club Ciclistico Italiano) che a partire dalla fine dell’Ottocento asseconda il processo di appropriazione della vacanza da parte degli italiani. Si sbaglierebbe però a considerare il Touring alla stregua di una «agenzia viaggi» che offre nuove opportunità all’italiano medio. Fin dalla sua fondazione il sodalizio rivela quelle finalità pedagogiche che fanno parte di quel vasto progetto di «educazione dell’italiano» che la classe dirigente liberale esperisce nel tentativo di trasmettere e consolidare la fisionomia del nuovo stato unitario. Monumenti celebrativi, intitolazione di strade e piazze agli eroi risorgimentali, feste civili e patriottiche svelano un progetto teso a familiarizzare gli italiani all’idea di patria. In questa cornice la «scoperta» dell’Italia che il Touring avvia a partire dagli anni di fine Ottocento, si rivela come una finalità primaria.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.